Mammamia quant’era bello il San Paolo!

Il mercoledì di Champions della nostra inviata in Curva B

Mammamia quant’era bello il San Paolo! Non posso che cominciare così, con la frase che mi tuona in mente da quando ho visto finalmente uno stadio quasi pieno e che tifa come D10S comanda.

Finalmente Champions! A che ora ci si avvia per la Champions? L’ho quasi dimenticato. Quanti biglietti sono stati venduti? Chi dice 30mila, chi 40mila, chi addirittura 20mila. Non lo so, so solo che io la mattina mi sono svegliata già con la trepidazione dell’attesa di una grande serata e con l’urlo della canzoncina nella testa. La Champions ha sempre un sapore particolare. Quello di ieri aveva il sapore del vitello grasso per il ritorno del figliol prodigo. Allo stadio ci vado in metro, rigorosamente dopo aver fatto i panini per me e per gli altri. Credo che la metro sia il mezzo più veloce. Sì, di una tartaruga, forse. Comunque sia, mi dà, come sempre, la possibilità di avere dei compagni di viaggio meravigliosi. E San Giovanni, la stazione da cui parto, me li regala anche belli pittoreschi. Come piacciono a me. Si comincia con il tizio in agitazione che chiede l’ora, l’amico con molta più agitazione risponde che non lo sa, ma è tardi e che lo stadio sarà già pieno. E lì la presa di coscienza di un popolo: “E chill’so’ tutt’ disoccupati a Napoli. Che tengono da fare?!”. Io faccio notare che c’è anche chi si è preso la mezza giornata di permesso dal lavoro, ma sono irrimediabilmente accoppata da un “Ma quando mai! Chill’ so tutti disoccupati!”. Vabbè. Mi taccio e mi riprometto di non intromettermi più. Ma poi mi si siede di fronte un nonno con un nipote adolescente. Il primo prende la Champions come l’occasione per trasformarsi in Minà e racconta tuuuuutta la storia del Napoli dal primo anno di Maradona, fino a Saber e Rincon. Quando arriva all’ultima partita di Diego, col Bari, gli scende la lacrimuccia. Il nipote non capisce il momento e, sminuendo il pathos, gli chiede se ci sono stati altri argentini dopo di lui nel Napoli. E il povero nonno è costretto a ricordare Calderon. Speravo per lui che non lo facesse. E’ svanito tutto il romanticismo del racconto precedente e per me un grande insegnamento: a volte la curiosità e l’ingenuità dei piccoli possono ammazzare la conoscenza e la saggezza dei grandi.

Prima di arrivare a Campi Flegrei sale un tizio in giacca e cravatta che si guarda intorno, parla al telefono e farfuglia qualcosa tipo: “Ma ci sta di nuovo il Napoli stasera? E che si gioca?” Il nonno mi guarda sconfortato del tipo “Ai tempi miei, si fermava la città per la Coppa dei Campioni”. Io lo lascio con il tipico: “Nu poc’e pacienza! E comunque al ragazzo non gli parli di Calderon, si disaffeziona!”

Fortunatamente per il nonno, dopo la partita di ieri il ragazzo difficilmente scorderà l’urlo, i goal, i cori, la felicità e la bellezza di uno stadio come non lo si vedeva da un po’. Mammamia quant’era bello il San Paolo! Insomma, il nonno ora gli potrà parlare anche di ChavezHoffer e Capparella. Il Napoli ha un tifoso in più che davanti a questi nomi si farà solo una risata stizzosa con le mani sulla fronte, come tutti noi.

Quando arrivo ai cancelli, m’imbatto nella solita steward che mi palpa qualsiasi cosa. E quando dico qualsiasi, intendo qualsiasi cosa. Le dico che forse non dovrebbe farlo lei, ma una poliziotta, ma mi dice che da quest’anno anche loro. Vabbè. E’ la seconda volta nel giro di mezz’ora che mi taccio e mi riprometto di stare zitta. E apri lo zaino e fammi controllare. E apri il portafogli e fammi controllare. E apri il portaocchiali e fammi controllare. E apri la tasca e fammi controllare. Ohhhhh!! Io una partita voglio vedere. Ai panini, ho temuto me li sequestrasse perché pericolosi. Solo per la linea, tesoro. Ma quella l’ho persa già da un po’. Finalmente entro e non mi sembra vero ci sia riuscita.

Il colpo d’occhio è “casa”. Mammamia quant’era bello il San Paolo! Spalti pieni, pieni di giovani, bambini, donne, emigranti rientrati per l’occasione, arrivati in mattinata e con l’aereo o treno già pronto per il giorno dopo. Aosta, Firenze, Roma, Milano. Come si fa a non salutare il ritorno in Champions a casa nostra?

Quando è il momento della canzoncina, molti sono pronti con i cellulari per riprendere il momento tanto atteso. Arriva forte, deciso, emozionante. Mio cugino accanto piange. Io mi godo lo spettacolo, un po’ tesa. Ne sa qualcosa la spalla dell’emigrante da Verona che ho preso a paccheri.

La partita l’avete vista tutti. O comunque sapete com’è andata. Marek e la sua carica dei 101, Mertens che accontenta chi chiede una punizione come quella di Insigne con il Borussia, anche se qualcuno è convinto che il fallo fosse in area, predicendo quello di dopo, con un rigore realizzato perfettamente da Milik, alla faccia di chi lo chiamava Pampa Milik. E poi la ciliegina del quarto che ci fa stare più tranquilli, visti i casini che siamo capaci ancora di fare in difesa. A proposito di difesa, e poi mi taccio per la terza volta in meno di 24 ore, il che comincia a preoccuparmi, il debutto di Maksimovic è stato salutato da chi mi stava accanto con un “Piano piano, stai freddo! Tu così ti sei fatto male a Torino. Non stare fermo, corri, riscaldati. Fa’ attenzione!” Ecco. Ora immaginate lo sgrat sgrat generale e le occhiatacce ad ogni buon intervento del difensore.

Ulteriore nota positiva: finalmente una curva che cantava a sostegno della squadra e non contro il Presidente. Allora, ve li ricordate ancora i cori, disgraziati?

Mammamia quant’era bello il San Paolo!

Data di pubblicazione: 13 September 2023

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